Il procedimento di mediazione per la conciliazione delle controversie civili e commerciali (D.Lgs. n. 28/2010, in vigore a decorrere dal 20.03.2011), è stato introdotto:
“al fine di ottenere un decongestionamento della giustizia ordinaria, e offrire al cittadino uno strumento più semplice, con tempi più brevi e oneri meno gravosi”.
Così come attualmente formulato, il procedimento si presenta lacunoso su diversi aspetti, stimolando così alcune riflessioni.
In merito ai costi e alle modalità di pagamento, il regolamento attuativo (art.16) stabilisce che:
al momento del deposito della domanda da parte dell’istante e dell’adesione da parte della controparte è dovuto un contributo fisso di 40 euro ciascuno.
prima dell’inizio del primo incontro di mediazione» le parti debbano pagare, ciascuna, la metà dell’indennità di mediazione;
n ogni caso, se una parte aderisce al procedimento diventa responsabile in solido con tutte le altre per il pagamento delle spese di mediazione.
Proviamo a ipotizzare un semplice caso di successione ereditaria in cui 4 parti si contendono un “piccolo” patrimonio del valore di 1 milione di euro: il ricorso alla procedura di conciliazione è obbligatorio, quindi ogni parte dovrà versare 40 euro + iva (per complessivi 192 euro) che vanno all’organismo;
Poi, prima del primo incontro, occorre versare il 50% dell’indennità di mediazione, che non viene calcolato sulla competenza spettante a ciascuna parte (ad. es. 250.000 euro), ma sul valore complessivo della lite (cioè 1.000.000 di euro): per questa fascia di valore l’indennità prevista per la mediazione obbligatoria è di circa 2.500 euro + iva per ciascuna parte. Quindi ogni parte dovrà versare ulteriori 1250 euro + iva (= 1500) ancor prima di iniziare.
Già qui si pone un problema notevole, perchè a volte ci sono divisioni in cui alcune parti hanno quote minime (anche del 2 – 3%), del patrimonio conteso, ed in tali situazioni la mediazione anziché come opportunità, rischia di apparire una tassa ingiusta e sproporzionata.
Dal momento che il costo non si divide (come invece è divisibile il contributo unificato previsto per l’avvio della procedura civile ordinaria), ma al contrario viene moltiplicato per il numero di parti in causa, all’organismo potrebbe competere un’indennità complessiva assolutamente sproporzionata.
È da evidenziare che questi soldi (40 € + 2500 € + iva = 3.048 €) l’utente li deve pagare in ogni caso, sia che la mediazione ottenga il raggiungimento di un accordo, sia che abbia esito negativo.
Inoltre si potrebbe decidere di farsi assistere da un legale, per avere ulteriori possibilità di ottenere un risultato favorevole in sede di mediazione (ancora qualche migliaio di euro).
Se la mediazione raggiunge l’accordo, ciascuna parte dovrà pagare all’organismo un ulteriore 20% di maggiorazione, concepito come «premio» per il lavoro svolto (altri 500 € + iva = 600).
Considerando che Il mediatore è privo, in ogni caso, del potere di emettere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari, il rischio (tutt’altro che teorico) è che, dopo 4 mesi, le parti si ritrovino al punto di partenza dopo aver speso ciascuno almeno 3.048 euro inutilmente, senza alcuna garanzia di risolvere il suo problema.
Ulteriore considerazione: estremizzando il nostro esempio, poniamo il caso che tutte e quattro le parti in lite abbiano aderito alla mediazione ma che, nonostante l’impegno, non si raggiunga alcun accordo; l’organismo di mediazione vuole comunque il saldo dell’indennità prevista, nel nostro esempio 1.250€ x 4 = 5.000 euro + iva (cioè 6.000).
Nel frattempo, tre delle parti si rendono irreperibili, perchè ad esempio emigrati all’estero: l’organismo può chiedere la somma ancora dovuta all’unica persona rimasta reperibile, che è obbligata a pagare in quanto responsabile in solido.
Se ne deduce quindi che non solo l’organismo di mediazione è ampiamente tutelato (ricordiamo che incassa metà del suo compenso prima di iniziare a lavorare), ma che si caricano gli utenti di un rischio eccessivo e comunque sproporzionato.
La conclusione è che, nel nostro esempio, ciascuna delle parti è obbligata ad affrontare diverse migliaia di euro di costi in un procedimento che non garantisce di concludersi con un risultato positivo. Anzi, nel caso di esito negativo, l’utente dovrà spendere ancora ulteriori migliaia di euro per fare la causa ordinaria.
A questo punto, sorgono legittimi dubbi se l’utilizzo della mediazione sia realmente preferibile ad un procedimento giudiziale civile che, seppure certamente di durata maggiore, si concluderà necessariamente con una sentenza che definirà la questione.
Così come è disciplinata attualmente, la mediazione non appare come una via particolarmente vantaggiosa e appetibile.